Basta lamentele. Poi si dovrà ricominciare a vivere.

Siamo ancora nel bel mezzo dello stop forzato a tutte le attività. Da lunedì 23 marzo 2020 il governo ha decretato anche lo stop alle produzioni di articoli di non primaria utilità.

Al netto delle polemiche, a mio parere sterili e controproducenti in questo periodo, il dato di fatto è che per tutti è il proseguimento di un periodo complicato, che verrà seguito da un altro periodo in cui sarà necessario rimettere insieme i cocci di un’economia evidentemente provata da un evento della portata del Covid-19.

Molti imprenditori stanno richiedendo a gran voce l’intervento statale per il salvataggio delle economie private: dal mio punto di vista, però, ci deve essere anche una certa predisposizione all’auto-salvataggio.

Questo periodo, come ho già spiegato, ha determinato dei cambiamenti molto rapidi nel modo di vivere della gente e alcune cose, è evidente, non torneranno più come prima.

Di seguito vi propongo alcune riflessioni che sto facendo in questi giorni in riferimento al mercato del Food&Bev, uno dei settori che per primi ha sentito il peso di quanto sta succedendo, con particolare riferimento alle attività di ristorazione.

Staremo sempre più spesso in casa

Si crede che le persone dimentichino in fretta.

Possibile, ma questa situazione è davvero extra-ordinaria.

Intere generazioni stanno interiorizzando il concetto di luogo pubblico = luogo contaminato. Triste e sbagliato, ma questo è il risultato di ciò che ci sta succedendo.


Chi resiste alla tempesta.

Quello del Food&Bev è il mercato che, insieme a quello del Turismo ha risentito per primo della situazione Coronavirus.
Probabilmente bar, ristoranti e alberghi saranno anche gli ultimi a riaprire, a emergenza terminata.

Molti ristoranti si troveranno in grande difficoltà economica, inutile negarlo. Tuttavia è stato possibile evidenziare, fin da subito, due grandi macro-gruppi:

  • chi ha sempre fatto food delivery e chi si è attrezzato in pochissimo tempo per farlo;
  • chi ha dovuto fermare completamente la propria attività perché non è riuscito a fornire questo servizio;

I primi in qualche modo stanno contenendo i danni, i secondi devono sperare che questa situazione si risolva il prima possibile. Una volta risolta, però, quanto peserà il suo ricordo sui comportamenti della gente?

Food Delivery mask

Il mondo del food delivery oggi.

Negli ultimi anni anche in Italia abbiamo iniziato a scoprire la comodità di farci portare il cibo a casa. Una volta lo vedevamo solo nei film americani.

Da qualche anno sono nati servizi di food delivery che sono stati resi disponibili dalle piattaforme di “social economy” (che di sociale hanno ben poco). Fin da subito queste piattaforme hanno evidenziato un grosso problema dal punto di vista etico e sociale.

Dare la possibilità a chiunque, indistintamente e senza tener conto della professionalità, di avere un posto di lavoro è, dal mio punto di vista, scorretto: ci sono migliaia di persone che hanno studiato, hanno fatto esperienze lavorative e sono state selezionate sulla base di vari criteri di merito.
Il diritto al lavoro è sacrosanto, sia chiaro, ma in un paese in cui si invoca da sempre l’assenza di meritocrazia, trovo assurdo il concetto del “ti do un lavoro, infischiandomene di chi sei, l’importante è che lavori fino allo stremo delle tue forze, altrimenti avanti un altro.”

Perché è proprio questo che si ottiene senza una selezione del personale: da una parte dei “dipendenti” che devono solo essere grati ad un capo inconsistente (intenso in senso materiale, visto che il “capo” è un meccanismo automatico di distribuzione di merito e, quindi, di guadagni) e che fanno di tutto per rientrare in canoni di lavoro che non tengono conto di nulla se non del guadagno della piattaforma.

E c’è poco da invocare l’intervento dei sindacati, secondo me.
La questione è che metodi di lavoro del genere non devono esistere: non deve esserci la possibilità di gestire in questo modo il lavoro di persone.
Dopo accese discussioni si è vietato, in Italia, l’uso di piattaforme come Uber (stesso concetto del food delivery ma invece di trasporto di cibo si parla di trasporto di persone su mezzi propri e senza una licenza): cosa cambia tra Uber e Uber eat? Solo che il food delivery non tocca nessuna categoria di lavoratori perché questa categoria non esiste?

Fine della vena polemica.

Veniamo alle cose importanti.

Domande e risposte sul food delivery.

Ho provato a mettermi nei panni di un ristoratore e a farmi le domande che mi farebbe lui, se ci incontrassimo per una consulenza. La sfida per il ristoratore sarebbe quella di risollevare la sua attività; per me, in quanto rappresentante del mondo della comunicazione digitale, sarebbe fargli capire come farlo grazie alla tecnologia e a un po’ di creatività.

Photo by Robert Anasch on Unsplash

Per fare food delivery devo necessariamente appoggiarmi a un servizio esistente?

Non è detto. Bisogna analizzare la tua situazione.

Esistono piattaforme (Foodora, Deliveroo, Uber Eat, Just Eat, ecc.) che si occupano di prendere gli ordini dagli utenti, gestire il pagamento, trasmetterteli e mettere a disposizione i loro fattorini per il trasporto.
Ammesso che il servizio nella tua zona sia effettivamente attivo (nei piccoli paesi non è così scontato), tutto questo ha un costo: per ogni pasto consegnato la piattaforma tratterrà una percentuale. Tu non potrai cambiare il prezzo delle tue pietanze e, di conseguenza, devi valutare se per te questa soluzione è conveniente in base al numero dei tuoi clienti.

Ti invito anche a tenere conto dell’aspetto etico: non sempre queste piattaforme gestiscono i propri “dipendenti” correttamente.

Cucina sotto stress

Sono stato partner di una piattaforma di food delivery ma non riuscivo a tenere sotto controllo la cucina.

Non basta la piattaforma, ci vuole metodo.

Quando si aderisce a programmi non strutturati su misura ci si deve necessariamente adattare a regole dettate dall’alto.

Un aspetto rilevante delle piattaforme di food delivery è quello di mettere sullo stesso piano grandi catene di ristorazione e gastronomie a gestione famigliare.

Non è detto che una piccola attività riesca ad adattarsi con semplicità alle procedure tipiche di grosse catene distributive, così come non è detto che una pizzeria abbia le stesse esigenze di un sushi-bar.

A volte sarebbe più semplice avere meno servizi a disposizione ma tarati sulle proprie necessità.

Ho un fattorino e gestisco le ordinazioni telefonicamente. Solo così posso gestire elasticamente i tempi di preparazione.

Questo metodo è efficace ma non efficiente: così facendo si possono perdere clienti.

La possibilità di ricevere ordini automaticamente grazie ad un’applicazione che i clienti scaricano sui propri smartphone o utilizzano dai propri computer non significa necessariamente che ti arrivino ordini infiniti e non organizzati.

Un’applicazione può essere impostata per ricevere ordini scaglionati in base alle esigenze e al modo di lavorare della cucina.

A volta si ha paura di cambiare abitudini radicate, ma la tecnologia aiuta solo a tradurre in maniera digitale quello che si faceva manualmente. Nella maggior parte dei casi c’è un grande risparmio di tempo e una maggiore efficienza.

Bad Food

Non faccio food delivery perché la qualità del cibo ne risente.

Bisogna trovare la procedura corretta affinché questo non succeda. La risposta è Ricerca e Sviluppo.

Ci sono tantissime possibilità che possono essere valutate per ottenere un risultato soddisfacente: materiali dei contenitori, modalità di trasporto, modalità di preparazione.

Volere è potere dicevano quelli prima di noi.

Il compito della tecnologia è quello di mettere a disposizione opportunità. Il compito degli imprenditori è quello di saper cogliere le opportunità e adattarle alla propria attività.

Per questo è necessario del tempo: approfittiamo di questo periodo di pausa per ripensare le nostre attività e trasportarle in questo nuovo panorama che si sta costruendo!

Non posso permettermi di realizzare un’applicazione solo per me e assumere il personale per fare delivery!

In questa situazione di quarantena stiamo capendo l’importanza della collaborazione. Perché non diventare partner dei tuoi concorrenti?

Anche se non è detto che l’impegno economico per la realizzazione di una piattaforma di ricezione online degli ordini sia esagerato, c’è una grande soluzione che, purtroppo, non si prende quasi mai in considerazione: quello che noi consumatori chiamiamo gruppo d’acquisto.

Molti commercianti dei piccoli Comuni, durante questa emergenza, hanno dato prova di grande collaborazione, mettendo insieme le proprie forze per fornire un servizio ai cittadini.

L’unione tra piccole imprese di uno stesso territorio può essere un modo per raggiungere obiettivi altrimenti inarrivabili.

Con la tecnologia non vado d’accordo. E non mi faccio pubblicità perché i clienti arrivano col passaparola.

Ancora una volta, purtroppo, mi trovo costretta a ricordare che le abitudini stanno cambiando.

Prima di tutto spezzerò una lancia a favore della tecnologia. La tecnologia non deve più essere vista come un nemico, basta affidarsi a dei progettisti validi che, oltre a fornirvi i mezzi, vi spiegheranno anche come usarli.

Lo scopo, infatti, non deve essere quello di cambiare le vostre abitudini, ma di modellare la tecnologia in modo da farvi risparmiare tempo ed essere più efficienti.

E per quanto riguarda la pubblicità: molti di voi fanno parte di una generazione che sta per andare in pensione consegnando l’attività nelle mani dei figli. Pensare al loro futuro vuole anche dire mettere in conto che l’offerta è sempre più ampia e voi potreste non essere al passo.

Promuovere la propria attività non significa lavorare peggio, anzi: significa promettere qualcosa ai consumatori e impegnarsi continuamente per realizzarle.

Servo una zona troppo vasta per la bicicletta, ma non voglio inquinare!

Hai ragione! La soluzione è ottimizzare, e la tecnologia ti può aiutare!

Prima di tutto una premessa: se ben organizzato il food delivery può diventare un fattore di riduzione dell’inquinamento! Pensate al risparmio di macchine che solitamente si muovono per il take-away!

Nelle grandi città può essere conveniente effettuare le consegne in bicicletta (anche se non è detto che sia sicuro per il fattorino!).

Nei territori della provincia la soluzione non può che essere quella di un veicolo motorizzato.

Mettiamo da parte per un attimo l’ipotesi dell’acquisto di un veicolo elettrico, che comunque potrebbe in parte risolvere il problema. Il concetto è, come sempre, l’ottimizzazione.
Ci sono moltissimi strumenti, già a nostra disposizione, che potrebbero aiutarci ad organizzare le consegne con una logica di risparmio di carburante, o di emissioni.

Il nostro esercito di nerd è già pronto! Mancate solo voi!

Non una grande esperta di cucina, ma sono una discreta nerd con una mentalità per metà creativa e per metà scientifica: possiamo lavorare insieme per trovare una soluzione.

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Ci sono ancora tantissime cose che vorrei dire, ma le lascio alla prossima puntata!

Tanti altri temi mi stanno a cuore e li tratterò nei prossimi articoli: spreco di cibo invenduto, soluzioni per ridurre l’impatto ambientale dei ristoranti, produttori locali, gruppi di acquisto e tanto altro ancora!

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